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Storia
La storia dell’Agro Sabatino, in parte compreso nel Parco di Bracciano, è scritta nel suo paesaggio. Posto tra il Mare Tirreno e la pianura del Tevere, con lo sfondo orientale segnato dai massicci appenninici, è un territorio geologicamente molto giovane. L’apertura del Mar Tirreno, con il conseguente assottigliarsi della crosta terrestre, permise l’affioramento di enormi quantità di materiali vulcanici (piroclastiti e lave), determinando lo spostamento del corso del Tevere e riempiendo le aree occupate nel Pliocene dal mare e dalle paludi costiere. Su queste aree l’erosione fluviale creò profonde incisioni, dando origini alle forre e ai tabulati, che costituiscono un elemento morfologico caratteristico del paesaggio vulcanico laziale.
Malgrado le eruzioni vulcaniche, gli uomini frequentarono fin dal Paleolitico inferiore il territorio sabatino, attratti dalla disponibilità di acqua e dalla presenza di una ricca fauna. Nell’area sabatina sono stati ritrovati una selce di fabbricazione acheuleana (300.000 anni fa) e strumenti di pietra del Paleolitico medio e superiore. Ma è solo con la fine dei fenomeni vulcanici, avvenuta circa 40.000 anni fa, che è possibile avere un’idea precisa dell’ambiente e del paesaggio sabatino. Ricerche effettuate sul fondo dei Laghi di Monterosi e di Baccano (quest’ultimo prosciugato nel XIX secolo) hanno reso possibile, attraverso lo studio dei pollini fossili, definire l’ambiente botanico a partire dall’ultima glaciazione.
Circa 18.000 anni fa l’area sabatina era caratterizzata da una vegetazione steppica in cui la pianta più diffusa era l’Artemisia. Con il migliorare delle condizioni climatiche (più o meno 12.000 anni fa) si sviluppò una foresta decidua a nocciolo, abete e quercia. Questa foresta si estendeva senza soluzione di continuità dai Monti Cimini e costituì la celeberrima Silva Ciminia. Piccole bande di Homo Sapiens seguivano le mandrie di animali, utilizzando un territorio di caccia molto vasto, dal mare alle montagne. Enormi territori erano abitati da poche migliaia di cacciatori nomadi. La situazione cambiò radicalmente con la grande trasformazione della società e dell’economia umana, conosciuta con il nome di Rivoluzione neolitica, in cui gli uomini, grazie alla pratica dell’agricoltura e dell’allevamento, diventarono stanziali. Nell’area sabatina gruppi forse provenienti da Oriente, diedero vita al più antico villaggio di sponda dell’Europa occidentale; essi producevano farro, orzo, leguminose e utilizzavano il papavero, forse per usi rituali. Tra gli animali, cacciati o allevati, venivano mangiati cinghiali, lepri, suini e bovini. Il villaggio, che fu occupato per altri 400 anni, aveva anche un’area artigianale in cui sono state recuperate due piroghe di quercia attualmente al Museo Pigorini e ad Anguillara Sabazia (Museo Centro Espositivo del Neolitico). Nell’età del bronzo, si svilupparono alcuni villaggi rivieraschi presso Vicarello, Vigna Grande, Vigna di Valle, Acquarella, Bracciano, La Sposetta, sul Lago di Bracciano e un insediamento sulla riva del Lago di Martignano. L’economia di questi insediamenti non era molto diversa dall’economia neolitica, ma il ritrovamento di semi, olive e resti equini fanno pensare a scambi commerciali e culturali con il mondo mediterraneo e l’Europa centrale.
Alla fine dell’età del bronzo una situazione politica e sociale meno tranquilla causò l’abbandono dei villaggi rivieraschi e la formazione di villaggi fortificati e arroccati sui poggi facilmente difendibili. Tra il VII e il VI secolo a.C. vi fu un grande incremento demografico, reso possibile dal miglioramento delle tecniche agricole e dalla coltivazione della vite e dell’olivo, i due protagonisti dell’economia e dell’alimentazione mediterranea. La loro importanza, economica e simbolica, era tale che alcuni secoli più tardi, in età imperiale, il grande erudito Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia scriveva: “Duo sunt liquores humanis corporibus gratissimi, intus vini, foris olei”.
La trasformazione del territorio in epoca etrusca nell’area sabatina è attestata dalle canalizzazioni di drenaggio, dalla prime infrastrutture stradali e dalla presenza di numerosissimi siti in tutto il territorio con una concentrazione tra il Lago di Bracciano e il Lago di Martignano. Le vicende storiche del conflitto tra le città etrusche e Roma coinvolsero anche l’area sabatina: la conquista di Veio del 396 a.C., le conseguenti assegnazioni delle terre ai coloni romani e la definitiva eclissi di Caere diedero il via, dopo il 273, alla definitiva romanizzazione dell’Agro Sabatino. I cambiamenti non furono però radicali: le ricognizioni archeologiche hanno dimostrato una sostanziale continuità nel modello di occupazione del suolo nel III secolo a.C., fondato su piccole e medie proprietà. Sono le successive guerre puniche a provocare l’abbandono della campagna e sono quindi concausa del processo di trasformazione verso una forma di economia agricola più specialistica ed intensiva, fondata sul lavoro servile. Tra il II e il I secolo a.c. avviene la trasformazione da “paesaggio dei coloni” a “paesaggio delle ville”, di cui il territorio sabatino offre numerosissimi esempi archeologici. La romanizzazione dell’area, unita alla sua vocazione a soddisfare le richieste di derrate agricole fresche della metropoli romana, genera una nuova rete stradale.
Ad oriente viene costruita la strada di crinale Cassia e nella parte occidentale la via Clodia, costruita utilizzando e cucendo tracciati viari più antichi. Esse costituiscono gli assi di lunga percorrenza a cui si collegano numerosissimi diverticoli locali. Per le necessità amministrative e commerciali, lungo la via Clodia e nell’attuale tenuta Odescalchi, viene fondata la Praefectura Fori Clodii, probabilmente amministrata da un funzionario (il prefetto) inviato da Roma. Il paesaggio, nel periodo a cavallo tra la fine della Repubblica e l’alto Impero (I secolo a.C. - II secolo d.C.) è fortemente segnato dal sistema delle ville, proprietà estese per qualche centinaio di ettari con una struttura residenziale centrale in cui veniva praticata un’agricoltura estensiva (vino, olio, frumento ma anche ortaggi) con manodopera schiavile.
Nel settore Nord dei Monti Sabatini, la presenza dei grandi boschi, ultima propaggine dell’antica Silva Ciminia, permetteva lo sfruttamento del legname e l’allevamento brado soprattutto dei maiali. Non va dimenticato anche lo sfruttamento delle risorse ittiche del lago, che venivano ampiamente commercializzate sul mercato romano. La trasformazione in quello che è stato definito il paesaggio classico avviene a partire dalla metà del II secolo d.C., in seguito alla crisi dell’agricoltura italica, messa a dura prova dalla concorrenza delle province. È a partire da questo periodo che vanno delineandosi le strutture dell’economia latifondista: grandissimi fondi, abbandono di gran parte degli insediamenti agricoli, basso investimento di capitali, coltura estensiva e pastorizia. Un’economia che segnerà tutta la fase tardoantica. Le drammatiche vicende dell’arrivo delle popolazioni “barbariche” non cambiarono radicalmente l’aspetto del territorio sabatino: l’occupazione gota applicò il sistema della tertia (requisizione delle proprietà dei romani) e lasciò il sistema del latifondo nelle mani degli antichi proprietari. Benché ridotti, gli scambi commerciali continuavano, come testimoniato dalla presenza di ceramica africana di tardo V secolo nell’area sabatina. Fu la guerra tra i Goti e i Bizantini (535 d.C. -553 d.C.) a causare un drastico peggioramento della situazione.
Le operazioni militari interessarono anche il territorio sabatino, come dimostrato dalla rottura dell’Acquedotto Traiano da parte delle truppe di Vitige, impegnate nell’assedio di Roma. I guasti della guerra provocarono un ulteriore spopolamento delle campagne, che il successivo arrivo dei Longobardi rese forse più drammatico. Ed è proprio in questo periodo oscuro che si strutturò la nuova forza che avrebbe segnato la storia dell’Agro per i successivi mille e oltre anni: la Chiesa di Roma. Tra il VII e l’VIII secolo d.C, il termine Patrimonium Sancti Petri assunse un significato nuovo, diverso da quello semplicemente amministrativo del periodo precedente, con cui di venivano definite le grandi proprietà latifondistiche di proprietà papale. Il Patrimonium era diventato una realtà politica distinta, contrapposta ai Ducati longobardi e all’Esarcato bizantino. Le condizioni di vita nel lungo periodo feudale furono piuttosto penose. Gli archivi storici dei comuni intorno al Lago di Bracciano ci forniscono un quadro vivace, ma abbastanza deprimente dei costumi e della vita quotidiana. Gli aspetti giuridici ed amministrativi erano regolati dagli statuti che nel XVI secolo furono emanati per la comunità di Campagnano, Trevignano, Anguillara e Bracciano. Dalle disposizioni statutarie relative ai danni provocati ai beni di cittadini, si può ricavare un’idea precisa delle piante di interesse agricolo coltivate nello Stato di Bracciano: nove articoli sono dedicati ai danni arrecati alle vigne, due ai campi di grano e di orzo, due ai canneti, uno a i campi di lino e canapa, due agli orti divisi in domestici e campestri, in cui venivano coltivati verdure, zucchine, meloni, cipolle. Un quadro che rimarrà quasi immutato fino alle grandi trasformazioni economiche e sociali seguite alla Rivoluzione francese e, in maniera radicale, dopo la II Guerra Mondiale. La società contadina sabatina, rimasta chiusa per secoli, fu costretta ad entrare nella storia moderna in maniera repentina, prima con la coscrizione obbligatoria napoleonica, poi con la Repubblica Romana e alla fine con il grande macello della I Guerra Mondiale. Uomini che erano rimasti per secoli confinati in uno spazio chiuso furono gettati nel mondo della macchina mondiale: coloro che ritornarono portarono almeno i rudimenti della contemporaneità. Avvennero le prime occupazioni delle terre, che vennero distribuite in piccoli appezzamenti da parziali espropri delle grandi proprietà feudali. L’avvento del fascismo bloccò il processo di emancipazione delle antiche plebi agrarie, ma fu una parentesi. Sarà la modernizzazione capitalistica dell’Italia degli anni ’60 a modificare ormai in maniera strutturale, anche fisicamente, un mondo che poco era cambiato negli ultimi 1000 anni. I vecchi assetti proprietari che avevano dato forma al paesaggio sabatino furono sconvolti: gli abitati si espansero rapidamente fuori delle cinte e vennero anche occupate le rive del lago e le colline, in un processo vorticoso avvenuto senza nessuna pianificazione. L’agricoltura e l’allevamento lasciarono spazio all’edilizia, al turismo e al terziario. Il territorio sabatino divenne, nel suo nuovo aspetto un prolungamento dell’area urbana di Roma. La nascita del Parco di Bracciano-Martignano (datata 1999) ha segnato, almeno nelle intenzioni, il primo tentativo contemporaneo di pianificare la nuova realtà complessa dell’Agro Sabatino: un nuovo paradigma prima ancora che una nuova struttura amministrativa.